Dal 22 giugno al 31 luglio | via Santa Maria
Luce dei miei occhi
Indizi dal fondo fotografico Rovereto “1919-39”
di Giulia Ticozzi
Dalla nascita della fotografia ognuno ha cercato, almeno una volta nella vita, di avere un ritratto o un ricordo dei momenti di cesura della propria esistenza.
Nel tempo, grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche e a un’accessibilità crescente al mezzo, le persone hanno documentato, oltre agli aspetti ufficiali e ai riti collettivi, momenti informali come gite, ricordi, relazioni.
La fotografia ci illude di essere esaustiva ma così non è. È un prelievo. Ci lascia sospesi nel dubbio che un attimo dopo possa essere successo l’inevitabile, che tutto possa essere stato rivoluzionato. È un prelievo nello spazio-tempo, è incompleta.
Inoltre, ogni immagine, comprese quelle raccolte in questo fondo, ha un “punto”, un dettaglio, anche non centrale, da cui si è attratti. Quali sono le caratteristiche di questo legame? Perché rimaniamo coinvolti in questo innamoramento? Rapiti, vogliamo sapere di più, il perché di un gesto, da dove viene quello sguardo.
“Luce dei miei occhi” è un modo per chiamare qualcuno che amiamo, qualcuno da cui siamo rimasti colpiti. Ho immaginato che quelle “luci”, quella persona (o quel paesaggio, o quella situazione) sono potenziali soggetti di una fotografia.
In un processo a ritroso, non avendo realizzato queste immagini ma avendo dovuto sceglierle, ho lasciato che quell’innamoramento si attaccasse a qualcosa, un particolare.
Le immagini installate nelle architetture di via Santa Maria “stringono” su questi dettagli, rendendo visibile solo una porzione dell’immagine. L’intenzione è di riflettere su certi comportamenti e gesti universali, avvicinandoli e stimolando l’immaginazione e un “ricordo” – non per forza reale – ma frutto di una coscienza sociale collettiva rispetto all’esperienza fotografica.
Giulia Ticozzi